mercoledì 19 maggio 2010

LUCA CONSIGLIA: THE HOLD STEADY - 'HEAVEN IS WHENEVER'

The Hold Steady sono una band di Brooklyn, molto conosciuta oltre oceano ma poco apprezzata dalle nostre parti. Dopo aver iniziato la loro carriera con l’album 'Almost Killed Me' (2004) e successivamente con i dischi 'Separation Sunday' (2005), 'Boys and Girls in America' (2006), 'Stay Positive' (2008) ritornano con il loro ultimo lavoro, 'Heaven is Whenever'. La differenza musicale che si può notare mettendo a confronto i vecchi album con quest’ultimo è la netta importanza che viene data alle chitarre rispetto alla tastiera. Tutto ciò ha una spiegazione: nel gennaio scorso il tastierista Franz Nicolay ha deciso di abbandonare il gruppo per dedicarsi ad altri progetti. La formazione della band per il loro quinto disco è composta da Craig Finn (voce e chitarra), Tad Kubler (chitarra), Bobby Drake (batteria), Galen Polivka (basso) e Dan Neustadt (tastierista). Il loro genere spazza dal folk al punk-rock al rock tradizionale. L’aspetto e la presenza del cantante Craig Finn,un po’ stempiato e con gli occhiali, sono fuori da ogni immaginazione della rockstar, ma tutto viene equilibrato grazie ad una voce grandiosa. Il ritmo del loro album è ondeggiante, ovvero con il passare dei minuti l'andamento rock sale e poi a metà cd riscende su melodie più dolci e calme. Questa particolare onda musicale si crea con la traccia 'The Sweet Part of the City', un brano folk dove in primis viene data rilevanza alle chitarre acustiche. La tonalità invece sale con 'Soft in the Center' e 'The Weekenders', in cui si sente parecchio l’influenza del Boss Bruce Springsteen e con 'The Smidge' e 'Rock Problems', le due tracce nelle quali riff di chitarre amalgamate perfettamente permettono l’onda degli Hold Steady di raggiungere il livello più alto. Poi c’è 'Hurricane J', il loro primo singolo, una canzone che a mio parere si trova un gradino sotto rispetto alle altre presenti nell’album. L’altezza della nostra onda a questo punto si riduce, e questo si risconta anche dalle tonalità e dalla maggiore presenza del piano, con 'We Can Get Together' e 'Barely Breathing', in cui c’è un insolito assolo di clarinetto. 'A Slight Discomfort' chiude nella maniera migliore l’album e l’onda, ormai quasi senza forza, continua ad infrangersi sulla spiaggia della musica rock. Adesso siete pronti a cavalcarla come ho fatto io?

Luca

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