mercoledì 23 febbraio 2011

Reportage: Fran Healy live @Tunnel (MI)

Non poteva essere un concerto dei Travis, ma non è stata nemmeno la pallida promozione di un progetto solista. È stato un incontro con un vecchio amico che da tempo (7 anni) non metteva piede in Italia e che non aveva la minima intenzione di risparmiarsi di fronte ad una platea di fan, pochi ma scelti, che pendevano dalle sue labbra. Fran Healy, storico leader dei Travis e ora anche cantante solista, deve aver pensato a questo tipo di show quando ha deciso, un paio di anni fa, di intraprendere un cammino diverso. Lo spettacolo, rigorosamente e puramente acustico, si è retto a meraviglia tra i vecchi classici dei Travis e i pezzi tratti da ‘Wreckorder’. Il tutto condito da lunghe, genuine ed appassionanti introduzioni alle canzoni, durante le quali abbiamo sentito che ‘Driftwood’ è nata sotto l’asfissiante pressione della casa discografica; che ‘Sing’ aveva in origine la parola Swing nel ritornello e nel titolo; che il riff simil-Oasis di ‘Writing to Reach You’ ha provocato le scherzose lamentele di Noel Gallagher, e che le linee di basso di Paul McCartney in ‘As It Comes’ sono state registrate a distanza ed inviate a Fran dopo uno scambio di divertenti mail. Questo cantastorie dall’aspetto ordinario, dall’inconfondibile accento scozzese e dall’atteggiamento da antidivo è pienamente riuscito nell’impresa di riallacciare il suo rapporto con i fan italiani, nonostante la lunga assenza. E la straordinaria disponibilità per le sessioni di foto e autografi alla fine dello spettacolo ne è stato il suggello.
Dal punto di vista strettamente musicale, il mix tra i classici e le ‘Baby Songs’ (i pezzi dall’album solista) ha funzionato a meraviglia, a dimostrazione della bontà del progetto ‘Wreckorder’. ‘Buttercups’, ‘Holiday’, ‘Fly In The Ointment’, la soave ‘Rocking Chair’ e soprattutto ‘Anything’ rendono molto bene in versione acustica. Per il resto si è trattato di un saccheggio all’album forse migliore della carriera dei Travis, ‘The Man Who’, rappresentato al concerto milanese da ben 7 pezzi. C’erano gli immancabili ‘Driftwood’, ‘Writing to Reach You’, ‘Turn’ e ‘Why Does It Always Rain On Me’ (che ha chiuso la serata) ma anche ‘As You Are’, ‘Slide Show’ e la hidden track ‘Blue Flashing Light’. Da ‘The Invisible Band’ sono arrivate la canzone più nota dei Travis, ‘Sing’, che ha fatto cantare tutto il pubblico, e la talvolta sottovalutata ‘Side’, in grado di suscitare emozioni come poche altre. Le incursioni agli altri album si sono limitate a ‘Closer’ e ad una stranamente riuscita in acustico ‘U-16 Girls’.
Dopo due ore e mezza tirate ma assolutamente intense, ce ne andiamo felici di aver assistito alla performance di uno dei migliori songwriter dell’epoca Britpop e post-Britpop, per nulla bollito e ancora decisamente in grado di dire la sua in un panorama che stenta a proporre degni eredi di band come i Travis. Il vecchio amico è tornato.

2 commenti:

Fabbra ha detto...

Ineccepibile recensione e molta invidia per lo show. Chapeau!

Met ha detto...

sono andato a vederlo ieri sera a Ravenna. Assolutamente delizioso... lui molto bravo e una persona squisita. Una serata decisamente piacevole, son molto contento di non essermela persa